Dovete sapere che sotto la mia finestra vi è un grande albero di fichi.. .D’estate la sua chioma cresce così rigogliosa da permettermi quasi di toccarne le foglie con la punta delle dita.. e quando i suoi frutti sono accarezzati dal vento.. .wooh.. .riesco a sentirne il dolcissimo profumo riempirmi le narici! Ad ogni modo, vi è un dettaglio in particolare a farne un albero speciale: un vecchio incavo. Proprio al centro del suo tronco. Così nero da non lasciarvi scorgere nulla al suo interno.. .Niente di niente!
Quante volte mi sono perso a fissare quell’ “antro”.. eppure a guardarlo bene non si direbbe abbia nulla di speciale, suvvia: un vecchio buco in un albero.. capirai che novità! Eppure ne ero attratto.. . la mia fantasia vi correva e vi correva ancora, di continuo! Fino a quando…
Vi prego, lasciate che vi racconti!
Era un giorno, sul finire dell’Autunno, in cui il sole era particolarmente e piacevolmente caldo!
Mancavano pochi minuti a mezzogiorno ed io, come di consueto, mi trovavo in cucina a rubare generosissimi assaggi dalla pentola che la mia cara aveva messo sul fuoco, quando inaspettatamente un odore di fumo raggiunge il mio naso.. non fumo di camino o di arrosto bruciato, piuttosto di tabacco! Di quello forte e pungente! – Strano – mi dico! Mi affaccio allora alla finestra e “OH PER LA BARBA DI TUTTI GLI GNOMI DEL SOTTOSUOLO!!!” (fortuna che quell’esclamazione non affiorò sulle mie labbra!) quel fumo proveniva da una pipa! Non una normale pipa, ma una minuscola pipa!! Anche se in realtà era molto lunga nelle mani del suo proprietario: un piccolissimo e panciuto gnomo placidamente seduto sotto al grande fico, tutto preso a fare lunghe boccate di denso fumo. La sua folta barba color cenere ricadeva morbida sulla casacca di un ormai scolorito Blu di Prussia. I suoi larghi calzoni in juta avevano sicuramente visto giorni migliori, così come cinta e stivali assieme ad un consunto cappello puntuto che svettava sulla sua testa.. .Magnifico.
Se ne stava li in un silenzio quasi rituale.. Da sotto le falde del cappello mirava la dura radica della pipa: Con due dita ne copriva il fornello in modo da mantenerne viva la brace, mentre con boccate lente, ritmate, tranquille e distanziate, gustava in tutta calma il sapore deciso del fumo, finché quest’ultimo non venisse poi rilasciato nell’aria, come una pesante coltre di nebbia.
Quella creatura era ben lontana dai racconti ai quali eravamo abituati. Si, magari l’aspetto rimaneva quello a noi più conosciuto, ma vi era qualcosa in lei che lasciava trapelare saggezza e antichità…
Sento odore di bruciato. Corro a togliere la pentola dal fuoco.
Mi affaccio e.. .Come pensavo. Ggnomo e sgabello sono scomparsi! Così come anche la corda usata, presuppongo, per calarsi dalla cavità.. .ma ad un’attenta occhiata, ai piedi dell’albero scorgo una presina di tabacco bruciacchiato. E la pipa in bella vista.
– Si sarà accorto che lo stavo fissando con muta meraviglia? Avrà voluto lasciarmi un presente? –
Onorato e tremante scendo a raccogliere il prezioso dono.
Sorrido e rientro in casa.
Che io abbia avuto l’onore di ammirare un antico abitante di Niðavellir?
E che quel buco nell’albero fosse una porta per quelle terre lontane?
Diego Del Giudice – Inchiostro e Radici
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