L’antichissima diocesi di Fermo, dal 1589 Arcidiocesi Metropolitana, vanta innumerevoli confraternite molte delle quali ancora attive. Fra esse, molte hanno dato vita a sezioni femminili con accesso a cariche di prestigio, ben prima dei movimenti femministi del tristemente noto ’68.
Nel XVI secolo viene fondata la confraternita di s. Giuseppe, poco dopo insignita del titolo di Arciconfraternita, e già all’inizio del XIX secolo vantava una propria sezione femminile. Oggi questa confraternita è quiescente e ha il proprio altare nella cripta di s. Maria Assunta in cielo, ovvero la Cattedrale di Fermo.
Nell’immagine precedente possiamo vedere, gli ultimi casellari delle consorelle iscritte al Pio sodalizio votato a san Giuseppe. Nomi altisonanti di contesse e marchese in rigoroso ordine alfabetico come le cittadine non nobili. La bellezza della chiesa è tutta racchiusa in questo semplice casellario. Uguaglianza agli occhi del Signore. Non importa tu sia nobile o semplice bracciante, per Dio sei suo figlio/a.
L’altare dell’Arciconfraternita di s. Giuseppe ha come pala una tela di Ubaldo Ricci, che raffigura lo sposalizio di Maria e Giuseppe.
La famiglia Ricci, era una “istituzione”. Erano, infatti artisti e già dalla fine del XVI secolo aprirono una bottega che fino all’ottocento continuarono a decorare chiese, conventi, e palazzi privati in tutte le Marche sud.
Le confraternite attivissime in tutta Europa sin dagli albori del medioevo, sono delle associazioni di laici, che cercano di dare il proprio aiuto alla società. Alcune seppellendo i morti che non potevano permettersi un funerale degno, altre riscattando gli schiavi cristiani caduti in mano alle fazioni islamiche, altre pregando intensamente, altre custodendo reliquie.
Nei secoli di soppressione napoleonica prima e sabauda poi, le confraternite, seppur formalmente sciolte o quiescenti, non smisero di riunirsi in preghiera e a far del bene. Furono le donne a prendere in mano la situazione. Gli uomini erano troppo coinvolti politicamente e venivano arrestati o mandati in qualche fronte di guerra lontano. Così le donne continuarono a tenere accesa la fiaccola della preghiera e della devozione e carità cristiana. Con il passare della tempesta napoleonica e del turbine sabaudo, ricominciò la vita consueta nei borghi d’Europa. Per dirla come nel Gattopardo di Tomasi di Lampedusa “SE VOGLIAMO CHE TUTTO RIMANGA COM’È, BISOGNA CHE TUTTO CAMBI”
E così cambiarono i nomi delle cariche ma non i volti che le incarnavano, ma oramai le donne, fermane in questo caso, si erano onorevolmente meritate dei propri statuti e cariche onorifiche.
In un’altra Archiconfraternita fermana, della Sacra Spina, un’altra donna Margherita Montani, già cofondatrice nel 1854 della “Scuola delle Arti e dei Mestieri” oggi Istituto Tecnico Tecnologico Girolamo e Margherita Montani, aveva assunto la carica di Priore di questo Pio Sodalizio. Era quindi palese a tutti che non importava se fossi uomo o donna, l’importante era che si fosse capace di assumere tale onere.
Chiudo con alcuni dei nomi riportati nel casellario, solo i nomi, senza cognomi o titoli, perchè il ricordo di queste donne pie, prodighe e solerti possa ispirare il futuro delle presenti generazioni.
Aloisa, Ida, Nazzarena, Marianna, Laura, Giulia, Giovanna, Maria, Filomena, Renata, Giuseppa, Virginia, Augusta, Emma, Cristina, Rosa, Assunta, Lina, Serena, Adele, Giovannina, Irene, Iginia, Giuseppina, Chiara, Vittoria, Nicolina, Elvira, Palma, Costantina, Stella, Bianca, Isola, Zamirra, Francesca, Enrica, Luisa, Eufrosia, Carolina, Giacinta, Annunziata, Eulalia, Caterina, Angela, Santa, Erminia, Lucia, Blandina, Maddalena, Bruna, Lucrezia, Veronica, Ester, Carminia, Amalia, Eugenia, Domenica, Argelide, Clelia, Antimia, Antonina, Matilde, Licinia, Cecilia, Giuditta, Eufemia, Isabella, Tarsilla, Settimia, Regina, Lea, Zenaide, Clarice, Timota, Fulvia.
Emanuele Luciani