Nel 1979 Michael Ende scrive “Die unendliche Geschichte” la maggior parte di noi conosce questo romanzo straordinario attraverso a sua trasposizione cinematografica “La Storia Infinita” con regia di Wolfang Petersen.
Quanti di noi hanno cavalcato con Bastiano il Fortunadrago? Chi è stato scosso allo sbattere della vecchia e consunta finestra in quella soffitta decadente? Tutti noi, avvolti anche in una coperta pesante, abbiamo lottato contro il “Nulla”.
Combattere il Nulla, quella forma di nichilismo che attanaglia la nostra società, facendola sembrare lontana e non essenziale, facendoci disgregare come famiglie, gruppi, città e stati. “The NeverEnding Story” ha descritto una intera generazione, lì fra una pagina e l’altra l’universo sempre diverso del Regno di Fàntasia abbiamo seguito le imprese eroiche del co-protagonista: Atreiu.
Il guerriero Atreiu, il cui nome significa figlio di tutti, appartenente al popolo dei Pelleverde, stava iniziando la sua grande Ricerca per affrontare il Grande Bufalo, quando l’imperatrice fanciulla gli affida la missione di trovare la cura per la sua malattia e quindi di tutta Fàntasia. Indossato l’Aurin, il talismano identificativo, parte.
Ecco che chiama a sé il suo fedele Artax, un grigio cavallo che nella versione cinematografica è un anglo arabo. Viene descritto come il più veloce fra tutti i destrieri del Mare Erboso, una delle immense regioni dell’onirico mondo descritto da Ende. Nel testo appare già nel secondo capitolo descritto con delle zampe lunghe e robuste.
Galoppano per tutto il Regno fino a giungere alle Paludi della Tristezza, dove tutti vengono colti dallo sconforto. Artax dal cuore puro, non ne è immune. Alzi la mano chi non ha pianto nel vedere la tragica scena del film in cui Atreiu cerca disperatamente di salvare Artax dalla sua fine. Immerso con tutto il corpo negli acquitrini melmosi si lascia andare morendo in maniera atroce. Questo suo sacrificio non è però stato inutile, il legame con il suo amico Atreiu porta l’eroe a trovare Gmork, il lupo mannaro gli rivela la natura della sua lotta, dove il Nulla non può non vincere.
Il lettore è così immerso nella delusione di un finale così triste e urla con Bastiano nel cuore di una notte torrenziale, il nome dell’Imperatrice Fanciulla che è dentro di lui “Mia mamma si chiamava……….” Ed ecco, sconfitto il Nulla, la fantasia del lettore torna a volare e a combattere quel nichilismo generazionale che attanaglia; e torna a vivere Il Vecchio della Montagna, torna a volare il saggio Fortunadrago e Atreiu torna a galoppare per tutto il Mare Erboso con il suo meraviglioso corsiero Artax.
Una curiosità che nei tre film non appare. Bastiano, in uno dei racconti, cavalca una mula parlante: Iaia; donata da Inrico, Icrione, Isbaldo e Idorno; visto che è metà cavalla e metà asina, afferma essa stessa, che ha capito fin da subito l’identità di Bastiano e non desidera altro che poter essere la sua cavalcatura. Durante il loro viaggio verso la Torre d’Avorio, Bastiano la allontana (consigliato dalla strega Xayde), lei così troverà l’amore con un cavallo alato da cui avrà un figlio: Pataplan.
3 commenti
Adesso so cosa fare stasera… Rivedere la storia infinita… Grazie manu bellissimo articolo.
Grazie di cuore. Buon combattimento!
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