Bucefalo e la storia dell’Occidente alessandrino

Bucefalo, il cavallo che per essere ricordato per sempre ebbe come monumento funebre un'intera città.

Un libro letto a 16 anni e poi edito con testo greco a fronte da il Cerchio editore nel 2007, mi ha aperto gli occhi verso l’universo del cavallo “L’arte della Cavalleria” di Senofonte. Questo testo scritto circa nel 370 avanti Cristo, a cui dedicherò una recensione dettagliata, è stato sicuramente letto dai protagonisti indiscussi del IV secolo greco: Filippo II di Macedonia e suo figlio, l’eroe dell’antichità, Alessandro Magno.

E’ un argomento che amo, essere sintetico sarà per me un problema, cercherò di farlo schematizzando, ma andiamo con ordine.

Il nerbo degli eserciti del periodo storico in esame è la fanteria pesante chiamata: opliti. Elmo, schiniere, pettorale, ampio scudo spesso rotondo per un peso complessivo stimato fra i 18 e i 24 kg.

La cavalleria era usata principalmente come reparto esplorativo, o per movimentare le truppe in maniera veloce o come supporto all’unità oplitica. Già nel IV secolo abbiamo popoli specializzati all’arte equestre e all’allevamento di cavalli. Tanto da essere famosi selettori di razze rinomate. Fra questi il popolo dei Tessali.

Abitavano l’omonima regione della Grecia centro orientale(chiamata appunto Tessaglia), e li troviamo già nel VI secolo avanti Cristo a fornire truppe di cavalleria alla lega Delfica. Così rinomati e famosi da iniziare ad allevare un razza ben specifica, adatta ai terreni frastagliati e resistenti alle fatiche della battaglia. Nel corso del V e IV secolo avanti Cristo i cavalli della Tessaglia erano venduti in tutto il bacino del Mediterraneo orientale.

Curiosità: in Tessaglia si usava marchiare i cavalli, soprattutto quelli destinati al mercato “estero”. Venivano segnati con l’arcaica lettera alpha, che ancora si disegnava con una testa di bue. L’alfabeto greco come lo conosciamo sarebbe arrivato da lì a poco

I Tessali dunque, allevatori, selettori e abili cavalieri, ma da come ci dicono le fonti, anche abili mercanti. Intuito lo strapotere del nascente stato macedone di Filippo II che, dopo aver riformato l’assemblea politica e l’esercito stava conquistando molti territori, proposero al Re “un affare che non poteva rifiutare”. Un giovane stallone non ancora domato, di nobile lignaggio, forte e indomito. Lo vendettero per 13 talenti, come ci descrive Plutarco, ma proprio indomito non era. Gli abili stallieri del Re non riuscivano a domare l’animale, il Re spazientito stava per farlo ammazzare e forse dichiarare guerra alla Tessaglia (le fonti non ce lo dicono, ma il temperamento di Filippo II me lo fa immaginare già in armi per aver subito tale offesa), quando il dodicenne Alessandro, il principe ed erede, chiede permesso di tentare la doma. Gli viene concesso.

Alessandro, istruito dai maggiori precettori del tempo, non da ultimo il celebre filosofo Aristotele, aveva sicuramente letto “l’arte della cavalleria” di Senofonte, morto da poche decine di anni. Notò subito che Bucefalo, così lo avrebbe chiamato, aveva paura della sua stessa ombra. Già, il cavallo che conquistò Babilonia aveva paura della mancanza di luce causata dal proprio corpo. Il giovane Alessandro non fece altro che montarlo con il sole in faccia e andare dal Re suo padre in sella e chiedergli in dono il destriero.

Filippo, preoccupato prima e orgoglioso come ogni padre poi, glielo concesse. Da allora Bucefalo volle essere montato solo da Alessandro e il principe, poi Re e Imperatore non volle altro cavallo che lui. Bucefalo, dal greco “testa di bue”. Gli autori moderni e antichi si sono sbizzarriti sul perchè di questo nome, la tesi classica ci dice che avesse un testone enorme. Preferisco la via più “archeologica” e semplice. Per me, e per molti specialisti, Bucefalo significa semplicemente: proveniente dalla Tessaglia, come se io chiamassi INGLESE un purosangue da ippodromo.

Curiosità: le due razze moderne che derivano dal cavallo di Tessaglia sono: Pindos e Akhal-Teke

Tebe, Cheronea, i Balcani, la Grecia, l’Asia Minore, e poi l’impero Persiano fino ai confini del mondo: l’India. Il coraggio, la supremazia, la strategia e la diplomazia di Alessandro non sembravano avere confini. Sempre, per 19 anni di guerre e fatiche Alessandro e Bucefalo sempre insieme.

Poi lì, oltre il confine conosciuto, nell’odierna regione del Punjab contesa fra Pakistan e India, lungo le sponde del fiume Jhelum, l’antico Idaspe, una vittoria dal sapore amaro. La conquista si arrestò, l’avanzata ideale fino al Gange segnò il passo, creando di fatto uno stato satellite della Macedonia con a capo lo stesso Re Poro, sconfitto eppure ancora Re. (Bisogna che tutto cambi affinchè nulla cambi). Soprattutto l’armata sempre fedele e lontana da casa da troppo tempo voleva tornare. Come se non bastasse, il suo fedele amico, Bucefalo, morì a seguito delle ferite riportate nello scontro.

Sulla sponda destra dell’Idaspe, nel punto esatto dove la cavalleria aveva attraversato il fiume per attaccare sul fianco l’esercito indiano, lì Alessandro, oramai davvero Magno, fece seppellire il suo compagno e sopra le sue spoglie fece costruire ALESSANDRIA BUCEFALA. Un’intera città a memoria dell’intrepido guerriero Bucefalo, perché la forza non è l’assenza di paura, ma superarla.

Oggi Alessandria Bucefala ha il nome di Jhelum e si trova in Pakistan e il suo ricordo è imperituro.

Emanuele Luciani

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