Antonio nasce il 17 gennaio 1380 in un piccolo casolare di contadini alle pendici del Monte Manardo, catena dei Monti Sibillini, a poca distanza dall’antica Abazia benedettina dei santi Vincenzo e Anastasio.
Giovanna partorì il suo bambino il 17 Gennaio, secondo il calendario giorno dedicato a s. Antonio Abate, la cui devozione in campagna era davvero elevatissima. Così Sempliciano in accordo con la moglie chiamarono il loro figlio come il santo del giorno: Antonio. Come spesso accade il nome porta con sè un presagio. L’antico eremita aiuterà il nuovo frate nella sua vita di preghiera e contemplazione.
Un monaco anziano ed erudito vide la devozione di Antonio e ancora bambino iniziò ad istruirlo, e da ragazzo già a 12 anni venne istradato alle arti umanistiche mentre pascolava le greggi. Subito tutti capirono che la sequela al Signore era la sua via.
In quegli anni gli Eremitani (antico nome degli agostiniani) ebbero gran fama in tutto il mondo ed in particolare nel centro Italia, grazie a s. Nicola da Tolentino. Un santo sulla bocca di tutti, a cui tutti si appellavano. Una piccola comunità di frati agostiniani viveva su uno dei 3 colli che formano la civitas di Amandola, il colle Marrubbione, e quando li vedeva, così gioiosi e così poveri li amava infinitamente. Come erano diversi dagli austeri benedettini. Così, giunto alla maggiore età, Antonio prese l’abito agostiniano.
La santità di questo frate si costruì nel continuo dono di se stesso a Dio e ai fratelli; nella preghiera attingeva luce e forza che trasmetteva nel suo ministero: la S. Messa, la predicazione, il confessionale, la direzione spirituale, l’incontro umano erano tutte occasioni preziose di estendere agli altri la sua esperienza di Dio. I tempi erano difficili, bisognava rimboccarsi le maniche, andare alla questua, assistere i poveri, visitare le famiglie, affrontare il malcostume e ogni forma di violenza.
La sua umiltà lo portava a disprezzare il suo aspetto esteriore e sempre faceva i lavori più sudici che gli altri ffrati rifiutavano. Così le sue vesti erano spesso lerce e lacere. Quando le stendeva all’aria, delle nubi si palesavano solo intorno alle sue vesti e la pioggia le lavava. Così iniziò la fama del nubigero.
Per 10 anni fu sacrario presso le reliquie di s. Nicola di Tolentino e poi sulle orme del santo nato a s. Angelo in Pontano e morto a Tolentino si fece pellegrino per s. Michele al Gargano e s. Nicola di Bari. Visse un periodo a Trani. Quando gli fu assegnato come convento quello di Amandola la sua città lui si rimise in cammino senza avvertire, in modo che potesse rientrare in silenzio dato che il suo nome era già famoso e molti lo ricercavano. Al suo arrivo in Amandola tutte le campane iniziarono a suonare da sole.
Molti furono i prodigi che fece il Signore per suo tramite. Il più famoso è stato quello di far impedire l’assalto di mercenari, probabilmente al soldo degli Sforza che governavano Fermo, che avevano il compito di destabilizzare i signori della montagna che non erano molto propensi a assoggettarsi a un veterano di guerra così crudele.
Alla sua morte chiese ai frati di seppellirlo sotto la soglia della porta che collegava il convento alla chiesa così che tutti lo calpestassero tutti i giorni.
Il 1 giugno 1798, in piena guerra fra Stato della chiesa ed esercito imperiale francese, soldati esasperati nella lotta contro bande di insorgenti che si firmavano VOLONTARI PONTIFICI, entrarono nel santuario e fecero scempio delle spoglie del beato.
FUCILARONO IL CORPO DEL BEATO ANTONIO MENTRE SUONAVANO CON L’ORGANO LA MARSIGLIESE, corpo che pochi anni prima nel 1785, un’ispezione trovò “pieno, carnoso, molle, cedente, contrattabile e tremulo… come in un corpo vivente ».
In fondo è sempre così, qualcuno è più uguale degli altri, qualcuno è più fraterno degli altri e alcuni sono liberi più degli altri. Il Beato Antonio però subì quel martirio post mortem in silenzio, i francesi furono cacciati presto e il convento divenne un Santuario prolifero di frati e di Verità.
Oggi il suo corpo riposa in una teca nella cappella nel Santuari del beato Antonio proprio nella sua città
Emanuele Luciani