Prima dell’XI Sec. d.C. la notazione era assai complessa: fatta di segni che lasciavano molto spazio alla libera interpretazione, tant’è che infatti sino ad allora la musica veniva eseguita quasi esclusivamente in maniera mnemonica e tramandata oralmente.
Si guardino a tal proposito “gli Inni di Ugarit”.
A portare quest’innovazione sarà il Monaco Benedettino Guido d’Arezzo (990ca – 1050ca)
il quale, vedendo la difficoltà dei suoi allievi nell’apprendere e ricordare i canti della tradizione Gregoriana, adotterà un sistema che rivoluzionerà per sempre l’insegnamento, la lettura e l’interpretazione musicale:
Estrapolerà le prime sei note da noi conosciute, dal famoso “Inno a S.Giovanni Battista” di Paolo Diacono (720ca – 799ca), cantato a mo’ di preghiera per liberare e preservare i cantori dalla raucedine:
“UT queant laxis / REsonare fibris / MIra gestorum /FAmuli tuorum, /SOLve polluti /LAbii reatum, / Sancte Joannes.”
Curiosità
- La nota UT, il cui nome è rimasto tutt’ora invariato in Francia, verrà successivamente ribattezzata dal teorico musicale Giovanni Battista Doni (1595ca – 1647ca) il quale darà appunto a questa le iniziali del suo cognome, DO
- La nota SI, verrà aggiunta intorno al XVI Sec. da alcuni teorici musicali, i quali, useranno le iniziali del Santo sopra citato, Sancte Johannes: SI
Diego Del Giudice – Inchiostro e Radici
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Qui di seguito l’Inno a San Giovanni Battista: